Gli effetti della Glicazione sul tessuto connettivo. La glicazione è una reazione chimica non enzimatica nella quale molecole di zucchero reagiscono – nel sangue, fuori e dentro le cellule – con proteine, dando luogo alla formazione di glicoproteine deformate e mal funzionanti. Questo processo è definito reazione di Maillard.

Il processo di glicazione determina la formazione di prodotti precoci della glicosilazione, detti basi di Shiff e prodotti di Amadori (es HbA1c), che nel tempo, subiscono lenti e complessi riarrangiamenti fino alla formazione dei prodotti avanzati della glicazione (AGEs, advanced glication endproducts).

La maggior parte degli AGEs si forma a partire da intermedi glicosilati in presenza di specie reattive dell’ossigeno. I prodotti di Maillard, oltre a derivare da prodotti glicosilati, si formano anche a partire da intermedi di derivazione lipidica, da cui poi si generano i prodotti avanzati di lipossidazione (ALEs). La dislipidemia, fenomeno molto frequente,costituisce pertanto una ulteriore importante fonte di alterazione proteica. Gli AGEs si legano a particolari recettori sulla membrana cellulare, RAGE (receptor for age), inducendo stress ossidativo e promuovendo il processo di infiammazione. Il legame tra gli AGEs e i loro recettori induce l’attivazione intracellulare dello stress ossidativo, il quale a sua volta porta alla formazione di citochine, fattori di crescita e fattori di trascrizione, come il fattore nucleare kappa beta 1.

Il legame AGEs-RAGE è un processo che tende ad autoamplifi carsi: più AGEs si legano agli RAGE più recettori RAGE si sviluppano. Questo crea una sorta di circolare feedback positivo che determina un’importante danno tessutale. Gli AGEs alterano le proprietà chimiche di proteine, lipidi, DNA. Agiscono come segnale cellulare promotore di una cascata di eventi distruttivi cellulari quando si legano ai RAGEs. Come conseguenza si ha un incremento della generazione di radicali liberi di 50 volte. D’altro canto lo stress ossidativo è spesso descritto come starter della formazione di AGEs. In pratica stress ossidativo e accumulo di AGEs rappresentano un circolo vizioso. AGEs e ALEs contribuiscono in modo signifi cativo ai processi di invecchiamento cellulare e ai processi patologici che determinano patologie come la malattia di Alzheimer, il cancro, le patologie cardiovascolari, l’invecchiamento cutaneo, le patologie del connettivo, la degenerazione del cristallino, la riduzione della massa ossea e della forza muscolare. La percentuale di accumulo di AGEs e le alterazioni tissutali da essi prodotte sono proporzionali al tasso di glucosio ematico e alle persistenza delle alterazioni della glicemia. Pazienti diabetici in cui i livelli di glicemia tendono a rimanere elevati mostrano una elevata presenza di AGEs nei loro tessuti.

Glicazione esogena
La dieta, e in particolare la modalità di cottura, può essere un’ulteriore signifi cativa sorgente ambientale di AGEs. La quantità di AGEs presenti nei cibi dipendono dalle temperature di cottura, dal tempo di cottura, dalla presenza di vapore. La cottura a fuoco vivo (225 °C) e la friggitura (177 °C) determinano la formazione della maggior quantità di AGEs, seguite dalla cottura arrosto (177 °C) e dalla bollitura (100 °C) 2.

In pazienti con diabete mellito di tipo 2, un pasto ad alto contenuto di AGEs, rispetto a un pasto a basso contenuto di AGEs, induce una significativa riduzione dell’effi cienza delle funzioni micro e macrovascolari 3.Si deduce quindi che le modifi cazioni chimiche del cibo legate alle modalità di cottura influenzino le disfunzioni vascolari post prandiali.

AGEs e invecchiamento cutaneo
Il collagene è la proteina più abbondante del corpo umano. Il cross linking del collagene determinato dagli AGEs determina quindi dannosi effetti ubiquitari, che coinvolgono la funzione della matrice extracellulare, di ossa, tendini, cartilagini, denti, sistema cardiovascolare, muscolo scheletrico. Gli AGEs, insieme a numerosi altri fattori, infl uenzano la perdita di massa ossea tipica dell’avanzare dell’età 4 e la riduzione della forza, e quindi dell’effi cienza, nel muscolo scheletrico 5.
Una volta formati, gli AGEs possono direttamente indurre il cross linking del collagene, anche in assenza di glucosio e di reazioni di ossidazione. La presenza di AGEs e RAGEs nella cute influenza la formazione della matrice extracellulare e l’invecchiamento cutaneo 6, 7.
La glicazione del collagene è caratterizzata dai seguenti passaggi: reazione del glucosio con la lisina; formazione base di Shiff ; prodotto di Amadori; AGes.
Conseguenza ne è l’alterazione morfo-funzionale del connettivo e quindi la degenerazione estetica e funzionale, che determina comparsa di rughe, rallentamento del tempo di guarigione delle ferite, perdita di elasticità dei tessuti, disorganizzazione delle macromolecole, perdita di matrice extracellulare. La glicazione proteica nel tessuto adiposo contribuisce alla formazione della lipodistrofi a per: glicazione degli endoteli e alterazione della permeabilità; glicazione del collagene e conseguenti alterazioni morfo-funzionali della matrice extracellulare con alterazioni infi ammatorie e nutrizionali del tessuto adiposo stesso. Studi che dimostrano come i fenomeni di glicazione modifi chino la funzione dei fi broblasti, sono quelli che mostrano che la vimentina, proteina strutturale che impartisce forza e stabilità ai fi brobasti e alle cellule endoteliali sia un target specifico di glicazione.
La glicazione di quest’ultima determina la perdita di contrattilità dei fi broblasti cutanei. Questo comporta una rifl essione sull’invecchiamento cutaneo da AGEs, ma anche sulla riduzione delle funzioni contrattili degli organi 8, 9. I fi broblasti giocano un ruolo fondamentale nei fenomeni di rigenerazione del derma. Sono determinanti nel delicato equilibrio di distruzione delle proteine extracellulari e di sintesi di nuove proteine. Normalmente i
sono quiescenti e si dividono con bassa frequenza. Essi producono solo piccole quantità di metalloproteinasi nella matrice (collagenasi e stromelisina), che distruggono la matrice extracellulare circostante, e grandi quantità di inibitori delle metalloproteinasi di matrice (TIMP-1 e TIMP-2). In risposta ai vari stimoli, tra cui i fenomeni di riparazione e di infi ammazione, essi sono soggetti a una drastica trasformazione in fi broblasti attivati. Quindi
secernono grandi quantità di enzimi, che distruggono il collagene e la matrice extracellulare 10. La senescenza blocca fi broblasti e cheratinociti in questo stato di attivazione 11. Essi virano da produttori a degradatori di matrice, grazie alla secrezione di maggiori quantità di metalloproteinasi e minor quantità di inibitori di metalloproteinasi di matrice. Fibroblasti e cheratinociti senescenti si accumulano nella pelle invecchiata 12. Oltre degradare la matrice extracellulare, essi secernono mediatori proinfi ammatori come IL 1 alfa e fattori di crescita come la eregulina (fattore di crescita delle cellule epiteliali e mammarie), che estendono il processo a distanza rispetto alle cellule secernenti 13-15.
La proteolisi del tessuto connettivo è un processo normale della rigenerazione cutanea e dei processi di riparazione. Sfortunatamente, con l’invecchiamento, le cellule cutanee aumentano la loro attività proteolitica: i proteosomi (principali complessi enzimatici deputati alla degradazione proteica) partecipano al declino relativo all’invecchiamento. L’equilibrio tra formazione e distruzione proteica alterato compromette l’integrità e la rigenerazione del tessuto cutaneo. L’attività proteosomica si riduce con gli anni nelle cellule epidermiche; allo stesso modo i livelli di proteine carbonilate aumentano e il numero di cellule senescenti producono più enzimi proteolitici. È noto che le cellule hanno una capacità limitata di continuare a dividersi nel corso della vita. Per esempio i fi broblasti fetali umani si dividono dalle 60 alle 80 volte in cultura. Nei giovani adulti i fi broblasti si dividono da 30 a 40 volte mentre negli anziani da 10 a 20 volte. La limitata capacità delle cellule di perpetuare le loro stesse divisioni è chiamata limite di Hayflick, dal nome dello scienziato che lo scoprì circa 40 anni fa 16, 17. Questa teoria è in concerto con quella riguardante i telomeri, che regolano il numero di divisioni cellulari. A ogni divisione ogni cellula diventa meno adatta a dividersi ancora fino a non dividersi più e a diventare senescente.
Culture di cellule senescenti non possono essere confuse con culture di cellule giovani perché dal punto di vista fenotipico sono completamente diff erenti. Le cellule giovani sono uniformi e allineate in modo parallelo, quelle senescenti hanno forme bizzarre e grandezze disparate; esse perdono la capacità di organizzarsi in modelli ordinati. Le cellule senescenti del derma generano più metalloproteinasi che degradano le proteine nella matrice extracellulare che le circonda e generano più citochine proinfiammatorie 14. Secernendo molecole dannose e citochine le cellule senescenti distruggono i tessuti a esse circostanti.

Come rallentare la glicazione
La limitazione di alimenti ad alto contenuto di zucchero e di carboidrati raffinati e il controllo della quantità giornaliera di carboidrati assunti permettono un migliore controllo della glicemia, della secrezione di insulina, e una protezione dall’incremento della insulino resistenza. Il controllo dei fenomeni di iperglicemia permette inoltre di contenere la produzione di radicali liberi 18. Altri fattori legati allo stile di vita influenzano i processi infiammatori come l’abitudine al fumo o l’eccesso di stress psicosociale. È dimostrata la necessità di modulare le abitudini di vita per modulare i fenomeni di glicazione 19

Il razionale della restrizione calorica
L’infi ammazione cronica porta a un persistente danno tissutale e di organo per l’attivazione di leucociti, citochine proinfi ammatorie, deposizione di collagene. L’eccessiva assunzione calorica e l’adiposità causano infi ammazione sistemica e la restrizione calorica senza malnutrizione determina potenti eff etti antinfi ammatori. Quando si accumula grasso e gli adipociti aumentano di volume, il tessuto adiposo va incontro ad alterazioni molecolari e cellulari, all’accumulo di macrofagi. Aumentano la PCR plasmatica e numerose citochine come IL6, IL 8, IL18, TNF alfa. Studi recenti dimostrano che la restrizione calorica determina un potente eff etto antinfi ammatorio con riduzione del grasso e della secrezione di citochine proinfi ammatorie, la riduzione di glucosio plasmatico e della concentrazione degli AGEs 20. La concentrazione sierica di AGEs può essere ridotta dalla restrizione calorica. Motivo di rifl essione è quanto la riduzione della glicazione e della lipoperossidazione siano legate alla restrizione calorica e alle sue conseguenze metaboliche e quanto invece possano essere legate alla ridotta assunzione di cibi contenenti glicotossine o alla combinanzione di entrambe 21. È sempre molto complicato dare indicazioni generiche sugli interventi nutrizionali da applicare, che dipendono in modo molto specifi co dal soggetto in esame e dalla sua composizione corporea, che infl uenza i bisogni energetici e di macro e micronutrienti. Studi riguardanti le “short term low calorie diets” dimostrano che diete di circa 1.200kcal/die (5,023kj/die) protratte per due mesi, su soggetti con BMI (indice di massa corporea) medio di 28,3 ± 3,2 kg/m2, determinano una riduzione degli AGEs del 7,21%. In generale, comunque, l’obiettivo principale del trattamento dietetico è quello di aumentare il numero dei recettori e la sensibilità all’insulina. Il contenuto calorico deve essere proporzionato ai consumi energetici e quindi alla composizione corporea,deve variare in rapporto all’attività fi sica e deve mirare al raggiungimento almeno di un BMI normale.

La resistenza all’insulina migliora con: riduzione del peso di 5-6 kg se si è in soprappeso; adeguata riduzione dei carboidrati; la preferenza di carboidrati a basso indice glicemico; l’aumento dell’attività fi sica; l’aumento degli acidi grassi omega 3. La riduzione parziale dei carboidrati e la sostituzione delle calorie da carboidrati con grassi monoinsaturi e polinsaturi previene il diabete e quindi i fenomeni di glicazione, in quanto abbassa i livelli di insulina. Per evitare un aumento del totale delle calorie, i grassi mono e polinsaturi (per esempio, noci e semi di girasole) possono sostituire in parte carne e farinacei. Gli alimenti più dannosi in termini di glicazione sono i carboidrati raffi nati, poveri di fi bre, di vitamine antiossidanti , di minerali, contenenti una alta percentuale di zuccheri ad alto indice glicemico, che determinano rapido aumento della glicemia e dell’insulina e rappresentano per tutti ma soprattutto per i sedentari un danno severo.

Trattamento e modulazione dei fenomeni di glicazione
Vasta è la letteratura preclinica riguardante le seguenti molecole, non ancora supportata tuttavia da una sufficiente letteratura clinica. La carnosina è un dipeptide multifunzionale costituito da due aminoacidi beta-alanina e l-istidina, che agisce sulla formazione delle proteine carbonilate attraverso le sue azioni antiossidanti e antiglicanti, le sue capacità di disattivare le aldeidi reattive e di chelare i metalli, la sua efficacia nei confronti della perossidazione lipidica. È stato dimostrato che la carnosina ringiovanisce le cellule che mostrano un fenotipo senescente riportandole velocemente a un fenotipo giovanile 22. Le cellule ringiovanite dalla carnosina vivono tre volte più a lungo delle cellule senza carnosina. Quando le cellule ringiovanite vengono rimosse dall’ambiente ricco di carnosina essi assumono l’aspetto e il comportamento delle cellule invecchiate. La carnosina stimola la vimentina, proteina strutturale che impartisce forza e stabilità ai fi broblasti e alle cellule endoteliali. La carnosina ha eff etti rivitalizzanti sulle culture di fi broblasti e questo potrebbe spiegare perché essa migliora la guarigione delle ferite post chirurgiche. Un altro studio giapponese dimostra che la carnosina aumenta il tessuto di granulazione, processo di guarigione in cui fi broblasti in proliferazione e vasi sanguigni riparano i tessuti danneggiati 23.
La fonte principale di carnosina è la carne. È sempre bene valutare con attenzione il dato anamnestico nutrizionale, in particolare in una società dove la “moda” della alimentazione vegetariana sta prendendo piede, per valutarne adeguatamente l’integrazione. La carnosina ha un buon profi lo di sicurezza; non sono stati descritti effetti tossici fi no a dosaggi di 500 mg per kg di peso in animali da esperimento 24. L’enzima carnosinasi degrada la carnosina in aminoacidi. È quindi necessario saturare la carnosinasi per rendere disponibile eff ettivamente la carnosina al corpo. I dosaggi consigliati sono di 1.000 mg al dì.

La piridossamina, vitamina del gruppo B6, inibisce la formazione di AGEs.
Negli obesi ha dimostrato essere un potente antiossidante e capace di migliorare l’intolleranza al glucosio 25. Alle dosi di 100 mg die non sono stati descritti eff etti collaterali. Recenti studi di laboratorio hanno dimostrato che il piridossal 5 fosfato è ancora più potente della piridossamina nell’inibire la glicazione proteica e lipidica 26. La benfotiamina è un derivato liposolubile della vitamina B1 (tiamina): riduce i livelli elevati di glucosio intracellulare e quindi inibisce la produzione di AGEs, modula i danni micro e macroendoteliali e lo stress ossidativi 27. L’estratto della radice di Withania somnifera, pianta appartenente alla Solenacee, ha attività comparabile, in laboratorio, a quella della metformina, noto agente ipoglicemizzante e antiglicante 28.

Bibliografia

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